Quando uno scienziato desidera appurare se una teoria è corretta o meno, conduce un esperimento che gli consenta di decidere se l’ipotesi teorizzata è giusta o sbagliata. La conferma attraverso un singolo esperimento non sancisce la correttezza assoluta di una teoria come descrizione della realtà. Forse esiste una situazione nella quale la teoria non corrisponde a quanto ipotizzato e che in quell’esperimento non è stato possibile verificare. Nel caso in cui l’esperimento contraddica tuttavia le ipotesi teorizzate con misurazioni sicure, è possibile desumere che la teoria sia sbagliata (ovviamente il risultato deve essere riproducibile). Il filosofo Karl Popper parla di confutazione della teoria. La teoria deve poi essere adeguata e si ricomincia tutto da capo.
Ecco un semplice esempio di confutazione. Questa è la nostra ipotesi: la luce si propaga alla stessa velocità del suono (ovviamente è sbagliato, come a volte accade con le teorie scientifiche). Il semplice esperimento consiste nello sparare una palla di cannone da una collina a 2 km di distanza mentre un osservatore misura il tempo fino a quando i) si vede la luce dell’esplosione del colpo e ii) l’osservatore sente il fragore. I risultati della misurazione dovrebbero mostrare chiaramente che l’ipotesi è errata e che suono e luce si propagano a velocità diverse. Se la misurazione del tempo è sufficientemente esatta, sarebbe addirittura possibile misurare la velocità di propagazione. Questo è il modo in cui si creano conoscenze.
Purtroppo non esiste pertanto un unico esperimento concreto per valutare la tesi secondo la quale «la comunicazione mobile non è nociva». Lo stesso vale anche per la tesi secondo la quale «non c’è vita sugli altri pianeti».
In entrambi i casi non è possibile testare tutti i parametri. Tuttavia, vengono fortunatamente eseguiti esperimenti su cellule, animali e, quando possibile, anche esseri umani per comprendere se i campi elettromagnetici della comunicazione mobile siano nocivi o meno. Questi esperimenti vanno avanti da oltre 50 anni ed esistono migliaia di studi su questo argomento.
Sebbene in alcuni casi si sia parlato di variazioni provocate dall’esposizione alle radiazioni della comunicazione mobile, ad oggi nessun effetto nocivo al di sotto dei valori limite è stato scientificamente comprovato. Alcuni critici contemporanei sostengono che esistono centinaia di studi che dimostrano un effetto e, in alcuni casi, anche un effetto nocivo. È tuttavia doveroso tenere in considerazione il fatto che un’analisi scientifica costruita su solide basi deve rispondere anche a criteri quali qualità dello studio, riproducibilità dei risultati e rilevanza statistica. La Commissione internazionale per la protezione dalle radiazioni non ionizzanti (ICNIRP) ha agito in questo modo per la prima volta a marzo 2020. Le valutazioni dell’ICNIRP non confutano la tesi secondo la quale «la comunicazione mobile non è nociva».
Questo è quanto la scienza può fare. Né più, né meno. Ovviamente non si tratta di qualcosa alla portata di tutti. La politica e la società richiedono affermazioni più chiare che la scienza, in questo caso, non è in grado di fornire in via definitiva.
La scienza rimane tuttavia uno degli strumenti più importanti a disposizione dell’uomo moderno. Fa del suo meglio per aiutarci a valutare i rischi. L’uomo esegue esperimenti scientifici per evitare le conseguenze dei rischi. La scienza è così una forma di gestione del rischio. Decidere di non basarsi sulla scienza, significherebbe portare l’uomo moderno a compiere un passo indietro che lo riporterebbe al Medioevo. Sebbene non sia in grado di offrirci una prova che dimostri al 100% la totale assenza di effetti nocivi, la scienza può fornire una valutazione solida sulla possibilità o meno di affrontare il rischio.
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